Traduzioni lingue orientali: giapponese

L’Asia è una terra ricca di lingue splendide e complesse, che nel tempo hanno mantenuto un’aura misteriosa.
Da anni l’agenzia di traduzioni Soget Est è un’agenzia specializzata in traduzioni di lingue orientali e guarda a Oriente con grande passione. Nel tempo abbiamo sviluppato competenze specifiche nella  traduzione professionale  da e verso le tre  lingue orientali  più diffuse in Asia: Cinese, Giapponese e Arabo.

Grazie a questa breve guida potrai conoscere la storia, le principali caratteristiche linguistiche e gli aspetti che rendono il Giapponese così affascinante.

LINGUA GIAPPONESE: UN PO’ DI STORIA

La lingua Giapponese si compone di caratteri Kanji, basati sui caratteri cinesi, e di due alfabeti sillabici detti Kana, che risalgono al IX secolo d.C. Tuttavia, le loro forme linguistiche e l’impiego furono fissati solo nel 1900.
Nonostante nella scrittura giapponese moderna si possano utilizzare separatamente i due sistemi, è comune fare un uso misto di Kana e Kanji. Alcuni ritengono che questo avvenga per ridurre le ambiguità della lingua scritta, dal momento che il giapponese è costituito in gran parte da parole omofone.
Nella natura sillabica dei Kana si riconosce la remota influenza della scrittura indiana, dovuta probabilmente alla diffusione del Buddismo indiano verso l’Estremo Oriente.

LE TRE FORME GRAFICHE

Il sistema di scrittura giapponese è costituito da tre differenti forme grafiche: il Kanji, l’Hiragana e il Katakana.
L’Hiragana e il Katakana sono sistemi sillabici e possono essere utilizzati come Furigana, ovvero brevi annotazioni simili a un carattere Kanji, per suggerire un significato o una pronuncia.
Alcuni includono nella scrittura giapponese anche la grafia latina Romaji, considerata indispensabile per avere un’istruzione completa.

Sono circa 2000 i caratteri Kanji considerati essenziali nell’utilizzo corrente, nonostante il numero di caratteri esistenti sia notevolmente maggiore. In particolare, i caratteri per i nomi propri sono molto insoliti.
Il Kanji viene utilizzato per gli elementi semplici delle frasi come nomi, temi verbali e temi nominali. Le parole composte, invece, sono scritte con più segni Kanji.
Poiché le lingue giapponese e cinese differiscono tra loro in modo evidente da un punto di vista fonologico, l’utilizzo giapponese dei caratteri Kanji comporta l’ulteriore difficoltà di una duplice lettura per ogni segno.
Per esempio, un carattere può avere una lettura on (fonetica) che si basa sulla pronuncia cinese nel caso il segno sia un prestito. Oppure può avere una lettura kun (semantica), che si basa sul significato cinese trasportato in giapponese. Ovviamente non tutti i caratteri Kanji sono dei prestiti. Si stimano più di 150 segni Kanji coniati in giapponese, denominati kokuji.

Con un aspetto più circolare, l’Hiragana è un alfabeto sillabico costituito da 46 caratteri e alcuni segni diacritici.
Derivato originariamente dalle forme corsive del Kanji, l’Hiragana viene utilizzato per i morfemi (elementi) grammaticali di una frase, come i verbi ausiliari e gli affissi flessionali.
A parte nel caso dei libri per bambini, l’Hiragana non è solitamente utilizzato da solo nella lingua giapponese.

Anche il Katakana, quello con l’aspetto più spigoloso dei due Kana, deriva dalle forme corsive del Kanji e può essere considerato parallelo all’Hiragana. Ciascun Kana, infatti, supporta differenti, ma equivalenti segni per gli stessi suoni. Mentre l’Hiragana viene utilizzato per gli elementi grammaticali, il Katakana viene normalmente utilizzato per parole e nomi stranieri, espressioni onomatopeiche e per i telegrammi.

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