Cinese e giapponese: due lingue affascinanti, vicine e al tempo stesso lontane come le nazioni che le parlano sono vicine ma staccate da un lembo di mare.

In effetti, il sistema di scrittura del giapponese deve molto alla terra della Grande Muraglia. Tuttavia, al di là dei contatti tra le due culture, si tratta di tradizioni linguistiche che nei secoli hanno sviluppato ciascuna le proprie peculiarità: vediamo quindi le principali differenze tra cinese e giapponese.

Scrittura cinese e giapponese

Quando pensiamo a queste due lingue asiatiche la prima cosa che viene in mente è senz’altro la loro grafia, molto particolare per noi occidentali e abbastanza simile tra le due lingue. Questo non è un caso: come abbiamo già accennato, il giapponese ha mutuato dal cinese i particolari caratteri della propria scrittura. Tuttavia, sebbene la base sia comune, lo sviluppo dei due idiomi ha portato le rispettive scritture ad avere caratteristiche anche molto diverse.

Caratteri cinesi (hànzì) e giapponesi (kanji)

Anzitutto, non tutti sanno che il cinese non ha un alfabeto: i caratteri che compongono la scrittura del cinese sono gli hànzì (di cui solo il 5% sono i famosi ideogrammi!) e rappresentano parole e concetti in modo diretto; nel giapponese troviamo invece i kanji, caratteri derivati appunto dagli hànzì cinesi, introdotti in Giappone quando ancora non aveva un proprio sistema di scrittura, quasi duemila anni fa.

Degli hànzì esistono due versioni: quella tradizionale, in uso a Hong Kong, Macao e Taiwan; e quella semplificata, diffusa nella Cina continentale e a Singapore.

Inoltre, sia cinese che giapponese presentano un sistema di trascrizione fonetica, rispettivamente il pinyin e il rōmaji.

Sillabari giapponesi: Hiragana e Katakana

Una peculiarità del giapponese, assente nel cinese, è l’uso di due ulteriori sillabari paralleli ai kanji: sono l’hiragana e il katakana, composti da caratteri più semplici che rappresentano ciascuno una singola sillaba.

L’hiragana è usato per le parole native giapponesi e per le particelle grammaticali; lo si può vedere in combinazione o sostituzione dei kanji.

Il katakana, al contrario, è utilizzato principalmente per trascrivere le parole di origine straniera.

Immagine rappresentativa della scrittura giapponese

Pronuncia cinese e giapponese

Una delle differenze più profonde tra cinese e giapponese viene dal fatto che il cinese è una lingua tonale mentre il giapponese no: vediamo cosa significa.

Toni nella lingua cinese

Una delle principali differenze tra la lingua cinese e quella giapponese è, dunque, l’uso dei toni. In cinese il significato di una parola cambia a seconda del tono con cui viene pronunciata. Il mandarino, ad esempio, ha quattro toni principali più uno neutro:

  1. Primo tono: alto e piatto, rappresentato graficamente con il segno macron (¯); 
  2. Secondo tono: ascendente, rappresentato con il segno ( ´ ); 
  3. Terzo tono: inizia scendendo per poi salire, rappresentato con il caron ( ˇ ); 
  4. Quarto tono: discendente, rappresentato con il segno ( ` ) 
  5. Quinto tono: neutro, senza segni grafici.

I toni sono un aspetto essenziale di questa lingua: in base al tono usato, ad esempio, la parola ma (una particella modale, di cui parleremo più sotto) se pronunciata con il primo tono diventa (mamma) e con il terzo (cavallo).

Pronuncia giapponese

La pronuncia del giapponese, al contrario, è più uniforme e molto meno complessa: non presenta i diversi toni che cambiano il significato delle parole, sebbene esistano due modi diversi di leggere i kanji:

  1. on’yomi, che viene dal cinese ed è usato nei composti di più kanji; 
  2. kun’yomi, di origine giapponese, usato soprattutto per singoli kanji o quando questi caratteri sono seguiti da hiragana.

La pronuncia giapponese è relativamente più facile da apprendere per i parlanti italiani: infatti, a parte l’assenza dei suoni “v” e “f”, a livello fonetico il giapponese risulta molto simile all’italiano. 

Tuttavia, anche per questa lingua non mancano sfide, come la corretta pronuncia delle vocali lunghe, indicate graficamente con il macron (¯) come nella parola Tōkyō. Ma soprattutto il fatto che il giapponese non preveda una sola sillaba accentata, come nelle lingue europee: le parole vengono pronunciate con intonazione piatta, ascendente o discendente, e il risultato è una parlata molto melodiosa. 

Differenze culturali tra Cina e Giappone

Influenze storiche e culturali

Le vicende storiche di Cina e Giappone si sono incontrate spesso nel corso dei millenni, ma è bene ricordare che si tratta di due popoli molto diversi con tratti culturali e identitari ben definiti, che si riflettono nelle rispettive lingue.

La Cina, con la sua storia millenaria di dinastie imperiali e influenze filosofiche come quella del confucianesimo, ha una lingua ricca di riferimenti storici e culturali.

Il Giappone, pur avendo adottato molti caratteri cinesi, ha sviluppato una cultura linguistica propria e assolutamente originale, influenzata anche da correnti filosofiche e religiose come buddhismo e scintoismo, ma anche dai secoli della politica di isolamento nel periodo Edo.

Uso dei nomi e delle particelle

Tra i vari punti in comune, il cinese e il giapponese hanno anche dall’uso delle particelle, particolari caratteri che nelle lingue indoeuropee sono totalmente assenti.

Per esempio, le particelle interrogative, la cinese e già citata 吗 (ma) e la giapponese か (ka), servono per costruire la frase in forma di domanda.

In cinese, inoltre, i nomi propri e le parole sono seguiti da specifici classificatori (liàngcí), anche detti contatori, in presenza di un aggettivo numerale secondo la regola numero-classificatore-sostantivo: ad esempio, “一本书” (yī běn shū) significa “un libro”, con “本” (běn) che è il classificatore per gli oggetti di carta composti da tante pagine, come i libri. 

Com’è intuibile, ci sono moltissimi classificatori in cinese; quando non ci si ricorda qual è quello giusto per l’oggetto a cui ci riferiamo, possiamo comunque usare il classificatore generico 个 (ge), utile anche per riferirsi alla parola “persona”. Similmente, anche il giapponese usa i classificatori per contare gli oggetti.

In giapponese, invece, le particelle sono utilizzate per indicare la funzione grammaticale delle parole nella frase: ad esempio, la particella は (wa) indica l’argomento principale della frase, mentre の (no) indica il complemento di specificazione o il possesso.

Infine, il giapponese presenta i cosiddetti suffissi onorifici, che vengono usati per rivolgersi a un interlocutore e variano a seconda del grado di confidenza che si ha o del rispetto che è dovuto: vanno da -Chan (ちゃん), il meno formale, usato ad esempio per rivolgersi ai bambini, a -Sama (様), il più formale e usato per rivolgersi a persone di un certo status o anche per le divinità, passando per -San (さん), il più diffuso, e -Kun (君), usato dai giovani uomini. Anche i famosissimi Sensei (先生) e Senpai (先輩), sebbene non siano suffissi, prevedono lo stesso uso e la stessa funzione, il primo usato per rivolgersi a maestri o dottori e il secondo a persone più anziane. I suffissi onorifici testimoniano il fatto che in giapponese esistono diversi livelli di cortesia (ben più articolati dei nostrani “tu” e “lei”) che si traducono in registri linguistici che a volte risultano complessi per gli stessi giapponesi.

Quale lingua è più facile da imparare?

Difficoltà del cinese

L’apprendimento del cinese, com’è emerso, presenta diverse difficoltà per chi è abituato alle lingue romanze o germaniche: le principali sono senz’altro rappresentate dai toni e dalla memorizzazione dei caratteri hànzì di cui bisogna anche ricordare la pronuncia, in quanto essa non è deducibile a priori dal carattere stesso.

Difficoltà del giapponese

Il giapponese è più complesso da un punto di vista grammaticale e a causa dei diversi sistemi di scrittura (i kanji e i sillabari hiragana e katakana) nonché delle molte forme onorifiche usate per esprimere rispetto e umiltà.

La grammatica giapponese è inoltre nota per le sue costruzioni verbali complesse e per l’uso di postposizioni che possono confondere gli studenti alle prime armi.

Tradurre correttamente il Cinese e il Giapponese

La traduzione corretta di cinese e giapponese richiede, insomma, una profonda conoscenza e comprensione delle differenze linguistiche e culturali dei due Paesi: i servizi di traduzione professionale di Soget Est garantiscono traduzioni accurate e culturalmente appropriate.

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FAQs

Qual è la lingua più difficile tra cinese e giapponese?

Le due lingue presentano difficoltà diverse per chi si approccia ad esse da non nativo: il cinese è sfidante a causa della peculiarità dei toni e la memorizzazione dei caratteri hànzì (ne vengono usati fino a 5000), mentre il giapponese presenta non poche complessità nei sistemi di scrittura (kanji, hiragana, katakana) e per le numerose forme onorifiche: per leggere e scrivere in questa lingua si dovrebbero imparare circa 2000 kanji e i due alfabeti.

Quanto è diverso il cinese dal giapponese?

Il cinese e il giapponese hanno tante caratteristiche in comune, ma sono anche molto diversi: il cinese è una lingua tonale e usa caratteri hànzì; il giapponese usa i kanji, mutuati dai caratteri cinesi ma non perfettamente sovrapponibili ad essi, e utilizza anche due ulteriori sillabari fonetici: hiragana e katakana. Dal punto di vista fonetico, inoltre, il giapponese e il cinese sono molto diversi: il giapponese ha 5 vocali e le consonanti sono simili all’italiano, mentre il cinese presenta una gamma più ampia di suoni, incluse consonanti diverse dalle nostre e, naturalmente, l’uso dei toni. Tuttavia, alcune parole giapponesi derivano dai caratteri cinesi con pronunce adattate: ad esempio, la parola giapponese è “denwa” e la parola cinese “dianhua”, che significano “telefono”, sono scritte con gli stessi ideogrammi e hanno suoni simili.

Quanto è difficile imparare il cinese e il giapponese per un italiano?

Imparare il cinese o il giapponese può essere difficile per un italiano: le lingue romanze, infatti, non presentano i toni, e la grafia è profondamente diversa rispetto a quella delle lingue orientali, che richiedono di calarsi nei panni di culture affascinanti ma lontane dalla propria.