Soget Est, agenzia di traduzione italiana con oltre 40 anni di esperienza, mostra come funziona l’innovativa modalità di traduzione chiamata “transcreation” in tutte le sue complessità! 

Tradurre in una lingua diversa può essere molto complesso e necessità di una conoscenza profonda della cultura e della lingua di entrambi i paesi. 

In questo video possiamo vedere una breve spiegazione di come Soget Est ha svolto il processo di transcreation durante l’evento di promozione degli affreschi contenuti all’interno della Cappella degli Scrovegni, Patrimonio dell’Umanità UNESCO. 

Mirko Ginocchi, socio fondatore di Soget Est, racconta l’agenzia di comunicazione a Canale Italia

In un recente incontro con Canale Italia, Mirko Ginocchi, fondatore di Soget Est, ha condiviso la visione e il percorso intrapreso dalla sua agenzia di traduzione, evidenziando come la passione per la comunicazione e la precisione linguistica siano state le pietre miliari di un viaggio che ha portato l’azienda a diventare un punto di riferimento nel settore delle traduzioni. Discutendo degli ostacoli e delle conquiste, Ginocchi ha messo in luce non solo l’importanza del lavoro di squadra e della tecnologia all’avanguardia, ma anche come l’attenzione alla qualità e al servizio clienti abbia definito il profilo distintivo di Soget Est sul mercato globale.

Cinese e giapponese: due lingue affascinanti, vicine e al tempo stesso lontane come le nazioni che le parlano sono vicine ma staccate da un lembo di mare.

In effetti, il sistema di scrittura del giapponese deve molto alla terra della Grande Muraglia. Tuttavia, al di là dei contatti tra le due culture, si tratta di tradizioni linguistiche che nei secoli hanno sviluppato ciascuna le proprie peculiarità: vediamo quindi le principali differenze tra cinese e giapponese.

Scrittura cinese e giapponese

Quando pensiamo a queste due lingue asiatiche la prima cosa che viene in mente è senz’altro la loro grafia, molto particolare per noi occidentali e abbastanza simile tra le due lingue. Questo non è un caso: come abbiamo già accennato, il giapponese ha mutuato dal cinese i particolari caratteri della propria scrittura. Tuttavia, sebbene la base sia comune, lo sviluppo dei due idiomi ha portato le rispettive scritture ad avere caratteristiche anche molto diverse.

Caratteri cinesi (hànzì) e giapponesi (kanji)

Anzitutto, non tutti sanno che il cinese non ha un alfabeto: i caratteri che compongono la scrittura del cinese sono gli hànzì (di cui solo il 5% sono i famosi ideogrammi!) e rappresentano parole e concetti in modo diretto; nel giapponese troviamo invece i kanji, caratteri derivati appunto dagli hànzì cinesi, introdotti in Giappone quando ancora non aveva un proprio sistema di scrittura, quasi duemila anni fa.

Degli hànzì esistono due versioni: quella tradizionale, in uso a Hong Kong, Macao e Taiwan; e quella semplificata, diffusa nella Cina continentale e a Singapore.

Inoltre, sia cinese che giapponese presentano un sistema di trascrizione fonetica, rispettivamente il pinyin e il rōmaji.

Sillabari giapponesi: Hiragana e Katakana

Una peculiarità del giapponese, assente nel cinese, è l’uso di due ulteriori sillabari paralleli ai kanji: sono l’hiragana e il katakana, composti da caratteri più semplici che rappresentano ciascuno una singola sillaba.

L’hiragana è usato per le parole native giapponesi e per le particelle grammaticali; lo si può vedere in combinazione o sostituzione dei kanji.

Il katakana, al contrario, è utilizzato principalmente per trascrivere le parole di origine straniera.

Immagine rappresentativa della scrittura giapponese

Pronuncia cinese e giapponese

Una delle differenze più profonde tra cinese e giapponese viene dal fatto che il cinese è una lingua tonale mentre il giapponese no: vediamo cosa significa.

Toni nella lingua cinese

Una delle principali differenze tra la lingua cinese e quella giapponese è, dunque, l’uso dei toni. In cinese il significato di una parola cambia a seconda del tono con cui viene pronunciata. Il mandarino, ad esempio, ha quattro toni principali più uno neutro:

  1. Primo tono: alto e piatto, rappresentato graficamente con il segno macron (¯); 
  2. Secondo tono: ascendente, rappresentato con il segno ( ´ ); 
  3. Terzo tono: inizia scendendo per poi salire, rappresentato con il caron ( ˇ ); 
  4. Quarto tono: discendente, rappresentato con il segno ( ` ) 
  5. Quinto tono: neutro, senza segni grafici.

I toni sono un aspetto essenziale di questa lingua: in base al tono usato, ad esempio, la parola ma (una particella modale, di cui parleremo più sotto) se pronunciata con il primo tono diventa (mamma) e con il terzo (cavallo).

Pronuncia giapponese

La pronuncia del giapponese, al contrario, è più uniforme e molto meno complessa: non presenta i diversi toni che cambiano il significato delle parole, sebbene esistano due modi diversi di leggere i kanji:

  1. on’yomi, che viene dal cinese ed è usato nei composti di più kanji; 
  2. kun’yomi, di origine giapponese, usato soprattutto per singoli kanji o quando questi caratteri sono seguiti da hiragana.

La pronuncia giapponese è relativamente più facile da apprendere per i parlanti italiani: infatti, a parte l’assenza dei suoni “v” e “f”, a livello fonetico il giapponese risulta molto simile all’italiano. 

Tuttavia, anche per questa lingua non mancano sfide, come la corretta pronuncia delle vocali lunghe, indicate graficamente con il macron (¯) come nella parola Tōkyō. Ma soprattutto il fatto che il giapponese non preveda una sola sillaba accentata, come nelle lingue europee: le parole vengono pronunciate con intonazione piatta, ascendente o discendente, e il risultato è una parlata molto melodiosa. 

Differenze culturali tra Cina e Giappone

Influenze storiche e culturali

Le vicende storiche di Cina e Giappone si sono incontrate spesso nel corso dei millenni, ma è bene ricordare che si tratta di due popoli molto diversi con tratti culturali e identitari ben definiti, che si riflettono nelle rispettive lingue.

La Cina, con la sua storia millenaria di dinastie imperiali e influenze filosofiche come quella del confucianesimo, ha una lingua ricca di riferimenti storici e culturali.

Il Giappone, pur avendo adottato molti caratteri cinesi, ha sviluppato una cultura linguistica propria e assolutamente originale, influenzata anche da correnti filosofiche e religiose come buddhismo e scintoismo, ma anche dai secoli della politica di isolamento nel periodo Edo.

Uso dei nomi e delle particelle

Tra i vari punti in comune, il cinese e il giapponese hanno anche dall’uso delle particelle, particolari caratteri che nelle lingue indoeuropee sono totalmente assenti.

Per esempio, le particelle interrogative, la cinese e già citata 吗 (ma) e la giapponese か (ka), servono per costruire la frase in forma di domanda.

In cinese, inoltre, i nomi propri e le parole sono seguiti da specifici classificatori (liàngcí), anche detti contatori, in presenza di un aggettivo numerale secondo la regola numero-classificatore-sostantivo: ad esempio, “一本书” (yī běn shū) significa “un libro”, con “本” (běn) che è il classificatore per gli oggetti di carta composti da tante pagine, come i libri. 

Com’è intuibile, ci sono moltissimi classificatori in cinese; quando non ci si ricorda qual è quello giusto per l’oggetto a cui ci riferiamo, possiamo comunque usare il classificatore generico 个 (ge), utile anche per riferirsi alla parola “persona”. Similmente, anche il giapponese usa i classificatori per contare gli oggetti.

In giapponese, invece, le particelle sono utilizzate per indicare la funzione grammaticale delle parole nella frase: ad esempio, la particella は (wa) indica l’argomento principale della frase, mentre の (no) indica il complemento di specificazione o il possesso.

Infine, il giapponese presenta i cosiddetti suffissi onorifici, che vengono usati per rivolgersi a un interlocutore e variano a seconda del grado di confidenza che si ha o del rispetto che è dovuto: vanno da -Chan (ちゃん), il meno formale, usato ad esempio per rivolgersi ai bambini, a -Sama (様), il più formale e usato per rivolgersi a persone di un certo status o anche per le divinità, passando per -San (さん), il più diffuso, e -Kun (君), usato dai giovani uomini. Anche i famosissimi Sensei (先生) e Senpai (先輩), sebbene non siano suffissi, prevedono lo stesso uso e la stessa funzione, il primo usato per rivolgersi a maestri o dottori e il secondo a persone più anziane. I suffissi onorifici testimoniano il fatto che in giapponese esistono diversi livelli di cortesia (ben più articolati dei nostrani “tu” e “lei”) che si traducono in registri linguistici che a volte risultano complessi per gli stessi giapponesi.

Quale lingua è più facile da imparare?

Difficoltà del cinese

L’apprendimento del cinese, com’è emerso, presenta diverse difficoltà per chi è abituato alle lingue romanze o germaniche: le principali sono senz’altro rappresentate dai toni e dalla memorizzazione dei caratteri hànzì di cui bisogna anche ricordare la pronuncia, in quanto essa non è deducibile a priori dal carattere stesso.

Difficoltà del giapponese

Il giapponese è più complesso da un punto di vista grammaticale e a causa dei diversi sistemi di scrittura (i kanji e i sillabari hiragana e katakana) nonché delle molte forme onorifiche usate per esprimere rispetto e umiltà.

La grammatica giapponese è inoltre nota per le sue costruzioni verbali complesse e per l’uso di postposizioni che possono confondere gli studenti alle prime armi.

Tradurre correttamente il Cinese e il Giapponese

La traduzione corretta di cinese e giapponese richiede, insomma, una profonda conoscenza e comprensione delle differenze linguistiche e culturali dei due Paesi: i servizi di traduzione professionale di Soget Est garantiscono traduzioni accurate e culturalmente appropriate.

Scopri i servizi di traduzione giapponese e i servizi di traduzione cinese.

FAQs

Qual è la lingua più difficile tra cinese e giapponese?

Le due lingue presentano difficoltà diverse per chi si approccia ad esse da non nativo: il cinese è sfidante a causa della peculiarità dei toni e la memorizzazione dei caratteri hànzì (ne vengono usati fino a 5000), mentre il giapponese presenta non poche complessità nei sistemi di scrittura (kanji, hiragana, katakana) e per le numerose forme onorifiche: per leggere e scrivere in questa lingua si dovrebbero imparare circa 2000 kanji e i due alfabeti.

Quanto è diverso il cinese dal giapponese?

Il cinese e il giapponese hanno tante caratteristiche in comune, ma sono anche molto diversi: il cinese è una lingua tonale e usa caratteri hànzì; il giapponese usa i kanji, mutuati dai caratteri cinesi ma non perfettamente sovrapponibili ad essi, e utilizza anche due ulteriori sillabari fonetici: hiragana e katakana. Dal punto di vista fonetico, inoltre, il giapponese e il cinese sono molto diversi: il giapponese ha 5 vocali e le consonanti sono simili all’italiano, mentre il cinese presenta una gamma più ampia di suoni, incluse consonanti diverse dalle nostre e, naturalmente, l’uso dei toni. Tuttavia, alcune parole giapponesi derivano dai caratteri cinesi con pronunce adattate: ad esempio, la parola giapponese è “denwa” e la parola cinese “dianhua”, che significano “telefono”, sono scritte con gli stessi ideogrammi e hanno suoni simili.

Quanto è difficile imparare il cinese e il giapponese per un italiano?

Imparare il cinese o il giapponese può essere difficile per un italiano: le lingue romanze, infatti, non presentano i toni, e la grafia è profondamente diversa rispetto a quella delle lingue orientali, che richiedono di calarsi nei panni di culture affascinanti ma lontane dalla propria.

Terra di storie incantevoli e popoli fieri, l’Austria custodisce in sé l’eredità del passato anche attraverso le lingue e i dialetti che ancora oggi si parlano entro i suoi confini: scopriamo allora tutte le lingue parlate in Austria, e perché è così importante conoscere le diverse sfumature linguistiche e culturali del Paese per poter creare una comunicazione efficace.

Che lingua si parla in Austria?

In Austria si parlano molti idiomi, ma la sua lingua ufficiale è il tedesco: in particolare, la variante utilizzata è conosciuta come tedesco austriaco (o österreichisches Deutsch), una ramificazione della famiglia delle lingue germaniche che non è perfettamente sovrapponibile al tedesco standard parlato in Germania, il Bundesdeutsches Hochdeutsch.

Le lingue germaniche appartengono alla più ampia famiglia delle lingue indoeuropee, e sono parlate soprattutto nell’Europa centrale occidentale e settentrionale; da Carlo Magno passando per Gutenberg e Martin Lutero, il tedesco è arrivato a noi con più di mille anni di storia ed è la lingua più parlata in Europa e anche quella più parlata dalla maggior parte della popolazione in Germania, Svizzera, Alto Adige e, naturalmente, in Austria.

Non solo: il tedesco era anche la lingua ufficiale dell’Impero Austro-Ungarico, fin dalla sua fondazione nel 1867, per questo ancor oggi è la lingua che si parla nella terra di Mozart. Ma in cosa esattamente il tedesco austriaco è differente dal tedesco standard della Germania?

Differenze con il tedesco standard

Sebbene il tedesco austriaco e il tedesco standard condividano una evidentissima base comune, ci sono alcune differenze a livello fonetico.

Ci sono alcune piccole differenze anche a livello grammaticale, come nel caso della formazione del perfetto, che differisce dal tedesco standard.

Infine, il lessico presenta delle variazioni: ad esempio la parola “patate” in Germania è ” Kartoffeln” mentre in lingua austriaca si usa ” Erdäpfel“.

Nessuna lingua rimane uguale a se stessa nel tempo, e ormai numerosi studi hanno evidenziato come ogni idioma sia forgiato da chi lo parla: per questo, esistono varianti regionali delle lingue e il tedesco, come abbiamo visto, non fa differenza.

Infine, espressioni come “Griaß Gott“, che significa letteralmente “salutare Dio”, e “Servus/Servas“, che significa “salve”, ma letteralmente “al vostro servizio”, sono esempi di frasi di saluto prettamente tipiche dell’austro-bavarese.

Insegnante che insegna il tedesco simbolo utilizzato da soget-est per parlare delle differenze tra lingue tedesche

L’austro-bavarese: il dialetto predominante

L’austro-bavarese, o semplicemente bavarese, è la famiglia linguistica di cui fa parte il tedesco austriaco ed è parlato non solo in Austria ma anche in certe zone della Germania meridionale, della Svizzera e del Nord Italia, e al suo interno presenta a sua volta numerose varianti regionali. Differisce talmente tanto dal tedesco standard che, sebbene la radice delle due lingue sia comune, l’austro-bavarese risulta di difficile comprensione per i madrelingua tedeschi di altre regioni!

Un’altra particolarità è che non esiste un’ortografia ufficiale dell’austro-bavarese, ma ci sono stati molti sforzi letterari per rappresentare la sua pronuncia attraverso la scrittura, soprattutto nella poesia.

Il tedesco svizzero: quali sono le differenze rispetto al tedesco?

Il tedesco svizzero (Schwytzerdütsch) è la lingua più parlata in Svizzera e anch’essa differisce notevolmente dal tedesco germanico. Ad esempio, la parola per “ragazza”, che in tedesco standard è “Mädchen“, in tedesco svizzero è “Meitli“.

Oltre a differenze nel lessico, il tedesco svizzero presenta una costruzione sintattica particolare, soprattutto perché spesso omette l’articolo determinativo.

A livello ortografico la differenza principale è che nello Schwytzerdütsch la lettera “ß” non è usata, sostituita sempre da “ss”.

L’alemannico: il dialetto del Vorarlberg

L’alemannico è la famiglia linguistica di cui fa parte anche la lingua svizzera ed è tipico, con le sue diverse varianti, dell’Alsazia (in Francia), della Svizzera tedesca e del Vorarlberg, la regione austriaca incastonata tra Svizzera e Germania.

Caratterizzato dallo spostamento consonantico alto tedesco, come in “chalt” (freddo) invece di “kalt” del tedesco standard, l’alemannico presenta numerose caratteristiche e stilemi tipici del tedesco antico, il che lo rende estremamente affascinante per un orecchio moderno, ma anche molto difficile da comprendere al di fuori delle aree dove è parlato.

Immagine di un laptop con la scritta “learn german” per scoprire una nuova lingue

Minoranze linguistiche: un arcobaleno di idiomi

Non solo dialetti germanici: l’Austria è anche casa di numerose minoranze linguistiche riconosciute e protette ufficialmente come lingue minoritarie e che contribuiscono alla sua ricchezza culturale.

Il croato del Burgenland è la lingua ufficiale dell’omonima regione insieme all’ungherese, quest’ultimo rimasto vivo in Austria grazie ai legami storici con l’Ungheria, sebbene sia sempre meno diffuso.

Lo sloveno è, infine, una lingua parlata in un’altra regione, la Carinzia, e viene utilizzato da circa 13.000 austriaci, anch’essi riconosciuti come una minoranza linguistica ufficiale.

Anche il turco e il serbo sono parlati da una buona parte della popolazione: queste due lingue sono state perlopiù introdotte in Austria con i flussi migratori a partire dagli anni Sessanta.

Come tradurre le lingue tedesche

L’enorme ricchezza linguistica dell’Austria, le differenze tra i diversi dialetti germanici (dall’alemannico al bavarese) e la peculiarità culturale del Paese, che ospita minoranze linguistiche anche molto diverse tra loro, rendono necessaria una comunicazione accurata e culturalmente consapevole, che spesso passa da una corretta traduzione che abbracci le variegate tradizioni del Paese: affidatevi ai professionisti di Soget Est e al nostro servizio di traduzione in tedesco.

Figlia della globalizzazione e della crescita dei pc come strumento di uso quotidiano, la localizzazione, nel marketing, è una pratica che promuove e abbraccia adattamenti normativi, culturali e linguistici all’interno della comunicazione di un brand presente in più mercati e Paesi, adattamenti che sono essenziali per il successo nei mercati internazionali.

Nata negli anni ’80 con l’espansione dell’uso del software informatico, inizialmente la localizzazione era focalizzata per lo più sul supporto di set di caratteri per diverse funzioni; oggi, questa fine pratica si è notevolmente evoluta, e da semplici traduzioni o adattamenti linguistici è arrivata attualmente a comprendere strategie di adattamenti culturali e normativi anche molto articolate ma ormai indispensabili, soprattutto per le multinazionali, come l’adattamento di prodotti, servizi e comunicazioni per rispecchiare le peculiarità e le consuetudini di ciascun mercato. 

L’avvento di tecnologie avanzate e l’intelligenza artificiale (AI) hanno rivoluzionato ulteriormente la localizzazione e tutto il settore dei servizi linguistici, che negli ultimi dieci anni è quasi raddoppiato, arrivando a più di 20 miliardi di dollari nel 2020: le aziende di maggior successo continuano a posizionarsi a livello globale grazie a precise strategie di localizzazione, come nel caso di McDonald’s e i suoi panini limited edition in collaborazione con chef di tutto il mondo e pensati per precisi mercati.

Una piccola curiosità sulla localizzazione: in inglese, la parola localization è abbreviata in l10n, con riferimento al numero di lettere comprese tra la l e la n, e questa simpatica nomenclatura risale proprio agli anni ‘80.

La localizzazione quindi è diventata fondamentale, per questo in Soget Est diamo molta importanza a questo aspetto. La localizzazione, a differenza della traduzione classica, comprende aspetti che vanno oltre alla traduzione letterale: dalle peculiarità linguistiche a quelle culturali, fino a quelle convenzionali in uso nel Paese e nella lingua interessata.

Immagine rappresentativa del servizio di localizzazione

Il rapporto tra traduzione e localizzazione

Com’è emerso in precedenza, comprendere il rapporto tra traduzione e localizzazione è cruciale per i professionisti che si approcciano alla materia.

Laddove la traduzione è la disciplina che si occupa della conversione di testi da una lingua all’altra, la localizzazione va oltre, e ha l’obiettivo di adattare il contenuto non solo linguisticamente ma anche culturalmente: ad esempio, aspetti come le unità di misura, il format della data o l’attenzione ai giorni festivi possono comportare piccoli cambiamenti che però fanno la differenza nell’uso di un software per la pianificazione di progetti o nella navigazione in un eCommerce.

Anche i modi di dire e i giochi di parole sono da curare con particolare attenzione: spesso le traduzioni letterali non sono sufficienti a trasmettere le stesse sensazioni. Attenzione poi a parole che da una lingua all’altra potrebbero cambiare di significato, o fare parte di uno slang: questo vale soprattutto per i messaggi pubblicitari e i nomi dei prodotti, e l’uso di una singola parola che in una data lingua può suonare ridicola o volgare per il pubblico locale determina spesso il fallimento del prodotto in quel Paese. Basti pensare al caso della svedese Electrolux, la quale ha provato a entrare nel mercato americano con lo slogan Nothing sucks like an Electrolux (recepito come Niente fa schifo come una Electrolux).

Infine, rimanendo nell’ambito della pubblicità, è quasi sempre consigliato girare spot diversi per diversi target culturali, invece di limitarsi a usare lingue diverse con le stesse riprese: è bene evitare immagini che potrebbero non essere attraenti per un pubblico diverso da quello del mercato principale, ad esempio quando si tratta di cibo.

Insomma, è bene ribadirlo: la localizzazione è molto più di una mera traduzione, la quale rappresenta solo uno degli aspetti di questa delicata e affascinante materia. Le aziende devono investire nelle competenze e nelle tecnologie necessarie per navigare le mille sfaccettature delle culture del mondo, per arrivare davvero a comprendere e farsi comprendere dai loro clienti internazionali.

Importanza della localizzazione

Perché il messaggio risuoni con il nuovo target si deve parlare la sua lingua, letteralmente e al tempo stesso metaforicamente: è questo che determina la grande importanza della localizzazione.

Il solo atto di tradurre i propri contenuti, infatti, non basta per arrivare al cuore dei clienti di Paesi diversi dal proprio, e le aziende devono essere molto attente a rispondere alle aspettative e ai bisogni specifici di ogni cultura a cui vogliono rivolgersi e adattare più di un aspetto dei loro messaggi promozionali.

In generale, dunque, la pratica della localizzazione porta numerosi benefici, tra cui:

miglioramento dell’esperienza cliente: le persone amano un messaggio nel quale possano in qualche modo rispecchiarsi e rivedersi: un messaggio personalizzato per il target culturale di riferimento migliora l’engagement e la soddisfazione dei clienti;

aumento delle conversioni e delle vendite: allo stesso tempo, adattando le offerte ai bisogni e ai gusti locali, la localizzazione può incrementare notevolmente anche le vendite;

supporto multilingue e multivaluta: ad esempio, nel caso di un eCommerce che voglia rivendere all’estero, un supporto di più lingue e la possibilità di pagare in più valute è un grande vantaggio, in quanto semplifica il processo di acquisto;

conformità legale e normativa: la localizzazione include anche la conformità legale alle normative locali, prime fra tutte le regolamentazioni commerciali e le leggi sulla privacy.

Le sfide della localizzazione

Anche la localizzazione ha le sue sfide, che riguardano soprattutto l’attenzione alla sensibilità culturale del contenuto. Una di quelle più complesse e delicate è evitare riferimenti o simboli culturalmente specifici che potrebbero essere fraintesi o addirittura offendere il pubblico: per non incorrere in simili incidenti, di cui la storia del marketing è tristemente lastricata, l’adattamento delle campagne di marketing alla cultura locale va studiato nei minimi dettagli, dal linguaggio, alle immagini alle strategie promozionali.

Per superare queste sfide, le aziende che vogliono espandersi a livello internazionale dovrebbero avvicinarsi con profondo rispetto alla nuova cultura con cui vogliono comunicare, studiandola e sviluppando così una comprensione profonda del nuovo target: lo si può fare attraverso attente ricerche di mercato, anche in collaborazione con esperti locali.

Può essere utile anche adottare un approccio modulare nella creazione dei propri contenuti, in modo che successive modifiche e adattamenti siano più semplici da attuare; e anche implementare diversi test di mercato, in modo da entrarvi gradualmente e valutare di volta in volta i feedback del nuovo pubblico.

Immagine rappresentativa per i servizi di localizzazione web

Strategie efficaci per la localizzazione: il ruolo della tecnologia

Oggi, inoltre, abbiamo a disposizione ottimi software di traduzione e localizzazione per garantire correttezza linguistica e allo stesso tempo aderenza culturale delle campagne, aiutando a evitare errori molto costosi in termini economici e reputazionali.

In particolar modo, le tecnologie emergenti stanno avendo un enorme impatto sulla localizzazione.

AI e localizzazione vanno ormai di pari passo: dai chatbot per l’assistenza clienti multilingue ai CMS (le piattaforme di gestione dei contenuti) potenziati con l’intelligenza artificiale, queste tecnologie riconoscono diverse lingue, rilevano eventuali segmenti di contenuto “problematici” e possono anche elaborare output coerenti linguisticamente e culturalmente, suggerimenti di modifiche e tanto altro. Insomma, anche le tecnologie emergenti vanno ben oltre la traduzione e possono supportare le aziende nell’analisi di bisogni e preferenze dei consumatori in diversi mercati.

Immagine rappresentativa del rapporto tra traduzione e localizzazione

FAQ

Cos’è la localizzazione nella traduzione?

La localizzazione nella traduzione è un processo che, andando oltre la semplice conversione di testi da una lingua a un’altra, adatta il contenuto alle specificità culturali e di mercato del pubblico internazionale.

Che cosa si intende per localizzazione di un’azienda?

La localizzazione di un’azienda si riferisce all’adattamento dei suoi processi ai mercati locali in cui intende inserirsi: modifica di prodotti, personalizzazione delle strategie di marketing, adattamento delle pratiche aziendali.

Chi offre servizi di localizzazione

I servizi di localizzazione, come quelli proposti da Soget Est, sono offerti da una varietà di fornitori specializzati che si avvalgono di esperti in lingue, cultura, marketing e conformità legale, avvalendosi anche di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale per migliorare l’accuratezza del processo.

Logo dell'evento BNI Italia che ha visto la partecipazione di Soget-Est

Mirko Ginocchi, fondatore e amministratore delegato di Soget Est, ha recentemente partecipato a un incontro di BNI Italia, segnando un’importante presenza nel network di imprenditori.

BNI (Business Network International) Italia è un’organizzazione di networking professionale che aiuta gli imprenditori a crescere attraverso scambi di referenze e connessioni strategiche. Partecipare a BNI offre opportunità uniche per espandere il proprio business e stabilire collaborazioni.

Durante l’incontro, Ginocchi ha condiviso le esperienze di Soget Est, sottolineando l’importanza della qualità e dell’innovazione nel settore delle traduzioni. Ha inoltre evidenziato come l’attenzione al cliente e l’adozione di tecnologie avanzate abbiano permesso all’azienda di diventare un punto di riferimento nel mercato globale.

La partecipazione di Mirko Ginocchi a BNI Italia rappresenta un passo significativo per Soget Est nel rafforzare le proprie reti di business e promuovere la propria missione di facilitare la comunicazione globale attraverso traduzioni precise e affidabili.

La Machine Translation è il futuro della traduzione? Scopriamo insieme vantaggi e limiti.

Traduzione automatica

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